Il programma Zond

                                                                                             httpwww.astronautix.comprojectlunarl1.htm

Le sonde Zond avevano il preciso compito di preparare lo sbarco dei cosmonauti sovietici sulla Luna. I prototipi che raggiunsero il satellite naturale erano composti dal modulo di rientro della Sojuz più un modulo di servizio e compivano un viaggio intorno alla Luna per poi rientrare sulla Terra[1].

httpwww.astronautix.comprojectlunarl1.htm (2)

Fornirono un grande contributo, da parte sovietica, alla conoscenza dell’ambiente selenico grazie al medesimo programma che prese inizio nel 1964[2].

L’unione Sovietica aveva appreso di possedere delle notevoli abilità nel gestire le esplorazioni spaziali. Per questo motivo era stato deciso che non sarebbe stato lasciato campo libero al programma spaziale americano per la conquista del cosmo.

Il nome Zond, successivamente mantenuto per tutte le Sojuz lunari a titolo di copertura, fu scelto in quanto le sonde in questione erano dei veri e propri satelliti lanciati su traiettorie interplanetarie[3].

Mosca, infatti, non aveva mandato nello spazio solamente sonde automatiche che erano riuscite a riportare sulla Terra campioni lunari, ma aveva anche inviato capsule Sojuz modificate (Zond) con la capacità di portare a bordo tre cosmonauti. Le missioni Zond ci permettono di prendere coscienza del fatto che all’epoca l’Unione Sovietica era davvero interessata a svolgere esperimenti per poter mandare negli anni successivi un cosmonauta sulla Luna[4].

I cosmonauti Pavel Belyaev e Konstantin Feoktistov, durante una fiera di astronautica svoltasi a Parigi nel 1968, avevano confessato ai colleghi americani Michael Collins e David Scott, che i sovietici erano quasi pronti a circumnavigare il satellite, ma le affermazioni furono prontamente smentite dai loro superiori così come era stato fatto in differenti altre occasioni[5].

Il programma Zond fu presto definito dal mondo occidentale come un “programma Apollo in versione sovietica” e l’intera opinione pubblica fu scossa dall’idea che i rivali del blocco socialista fossero in gara per sbarcare per primi sul satellite; il tutto mentre Mosca continuava a negare prontamente ogni minimo sospetto che i sovietici volessero puntare alla Luna[6].

Il programma Zond non aveva inizialmente come unico obiettivo la Luna, ma prevedeva anche viaggi verso il pianeti Marte e Venere[7].

Il sistema circumlunare Zond assieme al razzo vettore Proton aveva dimostrato di poter funzionare egregiamente e, con i necessari miglioramenti, di essere sicuramente capace di inviare un equipaggio intorno al satellite[8].

I precedenti trionfi delle sonde della classe Luna erano stati fonte di grande soddisfazione aumentando la consapevolezza che la strada imboccata fosse la migliore. Tuttavia, i successi americani con i voli Apollo, avevano portato i sovietici a osare maggiormente pianificando i voli umani intorno alla Luna con le missioni Zond[9].

Sebbene queste nuove sonde riuscirono, nella maggior parte dei casi, a sorvolare la Luna e ritornare sulla Terra, non furono pochi i problemi che emersero nelle missioni: la capsule erano infatti meno affidabili di quello che gli esperti si aspettavano[10].

Infine, la Zond rimase solamente una sonda automatica in grado di raccogliere ulteriori informazioni sul suolo lunare, ma non si trasformò mai in un veicolo lunare per equipaggi umani[11].

I sovietici spesero denaro, energie e prestigio nel progetto Zond, nella speranza di realizzare il sogno di sbarcare sul suolo lunare. Mosca dovette fare i conti con la fretta nel cercare di dimostrarsi superiore a Washington, scontando il peso della burocrazia sovietica e delle ristrettezze economiche[12].

Al momento della realizzazione delle missioni Zond erano già sorti alcuni dubbi in merito al ruolo di prova generale delle sonde per una spedizione umana sovietica sulla Luna. Le fonti sovietiche avevano, come nella prassi, dichiarato solamente che la Zond altro non era che un veicolo di grandi dimensioni e che per la propulsione era stato impiegato un vettore più potente dei precedenti, senza fare alcun riferimento allo sbarco umano[13].

Le prime tre missioni Zond furono flyby, ossia di sorvolo ravvicinato; le altre constavano di astronavi più grandi che orbitavano attorno alla Luna e ritornavano sulla Terra[14].

All’interno del programma, le sonde senza equipaggio erano in realtà i prodotti del progetto sovietico L-1, che avrebbe inviato esseri umani in orbita attorno alla Luna. Tra le missioni più significative ci fu la Zond 4 che si immise in orbita solare, la Zond 5 che circumnavigò la Luna prima di tornare sulla Terra, con un ammaraggio e un recupero nell’Oceano Pacifico e, due mesi dopo, la Zond 6 che ripeté la stessa missione, ma effettuò un rientro in Unione Sovietica[15].

Le sonde, versioni modificate di navicelle triposto Sojuz, in alcuni casi al posto di uomini, portavano organismi viventi per sperimentazioni. Il lancio con uno o più astronauti a bordo, previsto per la fine del 1968, non fu in realtà mai realizzato; furono invece effettuate altre due missioni con le sonde Zond 7 e 8, ma esse costituirono fondamentalmente delle ripetizioni del volo della Zond 6 e avvennero dopo che Apollo 11 era già allunato[16].

Le sonde Zond 5 e Zond 6 impiegate nel 1968 altro non erano che le originarie navette L-1 diversamente chiamate[17]. Le loro due missioni avevano immediatamente fatto presagire agli americani che i sovietici avevano intenzione di mandare uomini sulla Luna con l’obiettivo di acquisire anche questo primato[18].

In merito al programma UR-500K/L-1 le sonde Zond (L-1, Sojuz semplificata) furono inserite sulla sommità di un razzo UR-500K (Proton) quando i primi esemplari avevano già effettuato i test di collaudo.

All’interno del programma Zond si svolsero anche delle missioni senza risultati positivi. Il Kosmos 146, come venne nominato il prototipo del complesso circumlunare, partì dal cosmodromo di Tyuratam il 10 marzo 1967, dimostrando l’affidabilità del vettore, dei sistemi telemetrici e del nuovo Centro di Controllo. Il secondo lancio, avvenne l’8 aprile, ma un calo di potenza al terzo stadio impedì al Kosmos 154 di raggiungere l’orbita prevista. Il 29 settembre ed il 22 novembre seguirono due sfortunati tentativi, non resi noti all’epoca. In entrambi i casi il sistema di emergenza aveva funzionato perfettamente portando al sicuro e senza danni la capsula.

Il 23 aprile 1968 un altro lancio (non ufficiale) aveva comportato dei problemi. A seguito di un difetto tecnico legato allo sgancio del secondo stadio, il sistema di emergenza fu accidentalmente messo in funzione. L’astronave non raggiunse l’orbita, ma seguendo le procedure di emergenza rientrò a terra integra. Tre mesi dopo, il 18 luglio, durante le fasi di carico del propellente avvenne un tragico incidente; un’esplosione improvvisa uccise tre addetti alla rampa[19].

Classificazione delle sonde:

Zond 1

Sonda dal peso di 890 kg diretta verso Venere. Partita dall’Unione Sovietica il 2 aprile 1964, non diede più segnali e le comunicazioni si persero durante la notte. Si trova ora in orbita solare[20].

Zond 2

Sonda diretta verso Marte. Venne lanciata il 30 novembre 1964. I suoi contatti si persero durante la rotta[21].

Zond 3

Prima sonda a compiere un viaggio dalla Terra alla Luna con ritorno[22]. Dal peso di 959 kg venne lanciata il 18 luglio 1965[23] con l’obiettivo di fotografare le parti della faccia nascosta che non erano state osservate dalla missione Luna 3.

Realizzò un secondo rilievo fotografico della Luna a definizione più alta, completando l’immagine del lato nascosto. Con i risultati ottenuti, integrati a quelli di Luna 3, venne prodotto un atlante lunare più dettagliato e costruito un nuovo mappamondo lunare[24].

Nel dettaglio, aveva consentito di ottenere le prime immagini precise del Mare Orientale[25].

Il suo compito iniziale sarebbe stato in realtà quello di fotografare Marte ma non fu mai in grado di raggiungere il pianeta[26].

Le foto, ottenute ad una distanza di circa 9.000 chilometri erano di ottima qualità. La sonda era inoltre dotata di un magnetometro, uno spettrografo, misuratori di radiazioni, radiotelescopio e uno strumento per la misurazione del flusso di micro-meteoriti nei pressi della Luna[27].

Furono in tutto scattate 28 fotografie, 23 delle quali contenevano immagini dettagliate della superficie lunare. In verità, quando le immagini furono messe insieme a quelle di Luna 3, restava da osservare ancora il 15% del lato nascosto della Luna[28].

Zond 4

La Zond 4 venne lanciata il 2 marzo 1968 come primo tentativo di periplo della Luna e compiendo la sua missione, rientrò sulla Terra con successo.

Dichiarata “sonda automatica”, fu in realtà una Sojuz 7K-L1 in piena regola (prototipo nr. 6).[29]

Entrando in un’orbita allungata il cui apogeo corrispondeva alla distanza tra la Terra e la Luna, lo scopo del lancio era quello di verificare la distanza lunare di tutto il sistema in preparazione di una missione circumlunare vera e propria con equipaggio.

Durante il rientro, tuttavia, un guasto al controllo d’assetto aveva spinto l’astronave al di fuori del territorio sovietico. Il pericolo che cadendo incontrollata potesse finire in “mani sbagliate”, indusse il Centro di Controllo ad inviare il comando radio per l’autodistruzione[30].

La Zond 4, dopo essere stata lanciata da Baikonur, aveva inspiegabilmente preso la direzione opposta alla Luna dirigendosi verso lo spazio profondo e facendo sembrare un errore l’intera missione. In realtà fu una scelta voluta in quanto, per via della mancanza di un intervallo di lancio favorevole nelle condizioni orbitali della Terra e la Luna (da gennaio a giugno le sonde lunari non potevano compiere viaggi verso la Luna), la sonda era stata lanciata appena pronta con la sola funzione di allontanarsi dal pianeta per la stessa distanza che divideva la Luna dalla Terra e poi rientrare[31].

Tuttavia, un rientro in atmosfera non fu possibile in quanto un problema ai sensori stellari aveva reso gli strumenti incapaci di guidare la Zond 4 nel punto di atterraggio prestabilito. Il veicolo venne così volutamente disintegrato tramite il sistema di autodistruzione senza permettere ai tecnici di venire in possesso della capsula e analizzare così il problema dei sensori[32].

Zond 5

Il 15 settembre 1968 la sonda automatica Zond 5 dal peso di 5.375 kg[33] partì alla volta della Luna con a bordo i primi esseri viventi (tartarughe, alghe, mosche, tarme della farina, semi vari, e batteri) che riuscirono a tornare indenni sul nostro pianeta[34]. Il compito della missione consisteva nello studio degli effetti delle radiazioni e dei voli spaziali su esseri viventi[35].

Entrando in orbita lunare il 18 settembre, la sonda fotografò e studiò la superficie lunare da una distanza di 1.950 chilometri e ottenne bellissime immagini della Terra da 90.000 chilometri. Il rientro in atmosfera terrestre avvenne il 21 settembre. A 7 chilometri di altezza aprì il suo paracadute per rallentare la corsa e ammarare nell’Oceano Indiano[36].

A causa del suo carico biologico, la Zond 5 costituiva la prima navicella potenzialmente abitabile lanciata verso la Luna. Le macchine fotografiche installate a bordo avevano inoltre scattato fotografie della Terra dall’orbita lunare tre mesi prima degli astronauti di Apollo 8[37].

Un importante segnale che il programma Zond aveva mandato a questo punto costituiva nella preparazione dello sbarco umano sulla Luna. I sovietici avevano infatti sperimentato su Zond 5 il canale di trasmissione vocale. I segnali delle voci dei tecnici erano stati captati dall’osservatorio di Jodrell Bank, ma il ministro degli esteri sovietico aveva smentito che si trattasse di un veicolo nei pressi della Luna[38].

L’aspetto interessante fu che la capsula era indubbiamente grande abbastanza da poter trasportare un uomo[39] e l’operazione avrebbe potuto far pensare ai preparativi di una spedizione umana dello stesso genere[40].

A causa di un errore umano nell’invio dei comandi (ennesimo guasto ai sensori), la navicella fu costretta ad ammarare nell’Oceano Indiano involontariamente. Questa esperienza fu un utile banco di prova per la squadra navale di emergenza[41]. Per poter ripescare la sonda ed evitare che la Zond 5 finisse in mani sbagliate il governo aveva questa volta predisposto una flotta di navi nell’Oceano con il compito di recuperare il veicolo nel minor tempo possibile. Una serie di navi americane furono inviate sul posto per spiare le operazioni[42].

Il 20 settembre dello stesso anno l’Unione Sovietica ammise che la Zond 5 con degli esseri viventi a bordo aveva sorvolato la Luna ma che non vi era alcuna missione lunare umana in programma[43].

Zond 6

Il 10 novembre 1968 la Zond 6 che trasportava un’altra unità biologica, rilevatori di raggi cosmici, di micro-meteoriti ed altre apparecchiature, fece una nuova circumnavigazione della Luna, questa volta ad una distanza di 2.420 chilometri, raggiungendo il satellite quattro giorni dopo il lancio. Nella fase di rientro, tuttavia, quando il successo sembrava ormai garantito, un’avaria al sistema di pressurizzazione della cabina e un successivo guasto al paracadute fecero precipitare la nave che si schiantò terra[44].

A causa di una piccola perdita di pressione per una guarnizione difettosa, il mancato sgancio di un’antenna e una perdita di pressione totale che causò la morte di tutti gli esseri viventi a bordo, la Zond 6 non poté concludere positivamente il suo viaggio iniziato nel migliore dei modi[45]. Inoltre, l’altimetro della sonda si era guastato a causa della depressurizzazione facendo credere al computer di essere vicino al suolo quando invece mancavano ancora tre chilometri: la Zond 6 si schiantò a terra perché i razzi di frenata e il paracadute furono azionati troppo presto. Nonostante questo inconveniente, le pellicole delle fotografie scattate alla Luna furono recuperate senza danni e mostrate dai sovietici in segno che la missione era stata compiuta in “maniera perfetta”[46].

Nel dicembre 1968 gli americani avevano raggiunto la Luna con la missione Apollo 8. Per i sovietici non ci fu più alcuna possibilità di ottenere il primato dello sbarco, ma continuarono il programma UR-500K/L-1 per accumulare esperienze e valutare le potenzialità del vettore per il lancio di una stazione spaziale[47].

Un mese dopo, il 20 gennaio 1969, ci fu un nuovo lancio che fu abortito nelle prime fasi a seguito di un’esplosione del secondo stadio del missile Proton mentre il sistema di emergenza portava in salvo l’astronave[48].

Zond 7

La Zond 7, dal peso di 5.979 kg partì il 9 agosto 1969 per un’orbita attorno alla Luna e per scattare le prime fotografie a colori del programma spaziale sovietico rientrando poi sulla Terra[49]. L’11 agosto circumnavigò e studiò il satellite da una distanza di 1.984 chilometri, mentre il 14 agosto rientrò sulla Terra in una regione a sud di Kustanai[50].

Nel complesso, la Zond 7 aveva compiuto una missione perfetta ed era rientrata a terra senza alcun problema[51].

La particolarità di questa sonda, così come il suo predecessore, consistette nell’aver effettuato una manovra particolare molto più complessa e rischiosa per il rientro a Terra penetrando gli strati alti dell’atmosfera.  Dopo aver perso velocità ed essere fuoriuscita dalla parte opposta si era reinserita in atmosfera in un secondo momento facendo perdere velocità alla capsula con una decelerazione più morbida in modo graduale[52]. Una simile operazione non aveva altro significato che quello di sottoporre, per un possibile futuro, l’equipaggio umano a una minore decelerazione nel rientro[53].

Zond 8

La Zond 8 fu l’ultima sonda di questa serie. Raggiunse la luna il 24 ottobre 1970 circumnavigandola ad un altezza di 1.100 chilometri[54]. Dopo il solito volo circumlunare fu ripescata nell’Oceano Indiano il 27 ottobre 1970[55].

L’astronave aveva eseguito la prima trasmissione televisiva sovietica vista da una distanza di 65.000 chilometri, ma un problema al controllo automatico d’assetto aveva impedito l’allineamento preciso forzando la nave ad un rientro balistico e costringendo le squadre d’emergenza ad un nuovo recupero nell’Oceano[56]. Ad ogni modo, se a bordo vi fosse stato un equipaggio, il problema sarebbe stato corretto manualmente, ma siccome la Luna ormai non era più negli interessi dei sovietici, gli ultimi due lanci in programma vennero cancellati, e gli equipaggi rischierati per altre missioni[57].

Nonostante il progettista capo Mišin fosse abbastanza convinto che la Zond 8 potesse ospitare un cosmonauta a bordo, il governo sovietico si oppose all’idea di effettuare un lancio umano attorno alla Luna perché, dopo la missione Apollo 8 un volo sovietico con lo stesso intento avrebbe suscitato l’ironia degli occidentali[58].

Per via di questa decisione, il cosmonauta Leonov fu piuttosto deluso e scrisse, senza alcun esito, una lettera di protesta indirizzata a Brežnev contro il lancio della Zond disabitata[59].

 

I fallimenti del programma

Nelle fasi sperimentali che precedettero la missione Zond 4, due razzi Proton dotati di un quarto stadio per l’immissione in traiettoria lunare furono lanciati il 10 marzo e l’8 aprile 1967 con due navicelle di prova (Kosmos-146 e Kosmos-154). Il primo fu un autentico successo. Allontanandosi dalla Terra per una distanza pari a quella che separa il pianeta dalla Luna, la sonda rientrò bruciando in atmosfera. La seconda rimase invece intrappolata nella morsa della gravità terrestre in quanto il quarto stadio del razzo non si era acceso[60].

L’incidente di Komarov sulla Sojuz-1 portò via ulteriore tempo ai tecnici che si dovettero occupare di investigare i problemi al paracadute della Sojuz rallentando ulteriormente gli sviluppi del programma Zond.

In ogni caso i lanci ripresero il 28 settembre dello stesso anno. Nel primo, il razzo prese una rotta sbagliata e venne quindi comandata l’espulsione di emergenza della capsula scongiurando così la possibilità di festeggiare l’anniversario della Rivoluzione con un volo spaziale. Il 22 novembre il Proton fallì nuovamente a causa della rottura di uno dei motori al secondo stadio.

Questa serie di fallimenti aveva in un certo senso messo alla prova la fiducia dei tecnici del programma spaziale.

Dopo la missione Zond 4, il 22 aprile 1968 era stato svolto un secondo tentativo ma i motori del secondo stadio si spensero e il lancio fu così abortito, mentre il sistema di emergenza consentì di recuperare la capsula intatta[61].

Il 14 luglio 1968 un guasto elettrico fece invece riempire un serbatoio del terzo stadio del Proton troppo velocemente causando un’esplosione ed uccidendo addirittura un tecnico; tuttavia le restanti parti del razzo si salvarono e vennero recuperate per un lancio successivo.

Qualche settimana prima della realizzazione della missione circumlunare di Apollo 8 i cosmonauti sovietici erano in attesa di essere convocati per ripetere la missione di Zond 5 e 6 ed essere così i primi a compiere un viaggio attorno alla Luna. Tuttavia, la chiamata non giunse mai e Leonov dovette acconsentire alla motivazione che il veicolo progettato non era ancora del tutto affidabile (d’altronde l’anno prima il cosmonauta Komarov aveva perso la vita nella Sojuz 1 a causa di un malfunzionamento tecnico e perciò non si voleva rischiare la perdita di un altro cosmonauta)[62].

Il Proton e la Zond furono infatti definititi da Mišin non ancora affidabili per un volo umano, nonostante molte figure all’interno del programma spaziale ritenessero il progettista eccessivamente cauto e che pretendesse troppe prove automatiche preliminari prima di effettuare il lancio umano[63].

Per ironia della sorte, la successiva missione, la Zond 7 era stata un autentico successo, quindi un volo umano al tempo non sarebbe potuto andare incontro al fallimento. Vi era però la questione strategica che, agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, l’Unione Sovietica non era in competizione per la Luna e, se fosse riuscita a compiere una circumnavigazione umana perfetta, poi avrebbe dovuto vincere anche la sfida dell’allunaggio[64].

Con il successo di Apollo 8, per il programma lunare sovietico ogni tentativo di proseguire la corsa era stato reso vano. Si procedette dunque con la realizzazione delle missioni Zond disabitate e al potenziamento del razzo N-1.

Il 20 gennaio 1969 fu lanciata una nuova Zond ma il fallimento del secondo stadio del razzo Proton impedì alla missione addirittura di avere inizio. Il vettore fallì nuovamente il 19 febbraio quando venne tentato il lancio del primo rover lunare[65].

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BIBLIOGRAFIA

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Smith Andrew, Polvere di Luna. La storia degli uomini che sfidarono lo spazio, Milano: Cairo editore, 2005.

Note

[1] Goffredo Silvestri, Verso lo spazio, Milano: Arnoldo Mondadori, 1985, p. 113.

[2] Piero Bianucci, La luna: tradizioni, scienza, futuro, Firenze: Giunti, 1988, p. 59.

[3] Luca Boschini, Il mistero dei cosmonauti perduti. Leggende, bugie e segreti della cosmonautica sovietica, Padova: Cicap, 2013, p. 197.

[4] Goffredo Silvestri, op. cit., p. 112.

[5] L. Boschini, op. cit., p. 200.

[6] Ibid.

[7] P. Bianucci, op. cit., p. 59.

[8] Cavina Stefano, Apollo, la sfida della Luna, Serravalle: AIEP, 2011, p. 444.

[9] Paolo Magionami, Gli anni della Luna 1950-1972: l’epoca della corsa allo Spazio, Milano: Sprinter-Verlag editore, 2009, p. 181.

[10] Ivi, p. 182.

[11] Umberto Guidoni, Dallo Sputnik allo Shuttle, Palermo: Sellerio, 2009, p. 46.

[12] Andrew Smith, Polvere di Luna. La storia degli uomini che sfidarono lo spazio, Milano: Cairo editore, 2005, p. 17.

[13] Giancarlo Masini, La grande avventura dello Spazio: la conquista della Luna,

Novara: Istituto geografico DeAgostini, 1973, p. 195.

[14] Montgomery Scott L., La Luna: segreti e misteri del nostro satellite, Vercelli: White Star, 2009, p. 250.

[15] Kenneth W. Gatland, Esplorazione dello spazio: tecnologia dell’astronautica, Novara: Istituto Geografico DeAgostini, 1983, p. 136.

[16] Ibid.

[17] P. Magionami, op. cit. p. 157.

[18] Daniele Bedini, Breve storia della conquista dello spazio, Milano: Bompiani, 1998, p. 74.

[19] S. Cavina, op. cit., p. 443.

[20] D. Bedini, op. cit., p. 46.

[21] Ivi, p. 47.

[22] Isaac Asimov, La luna, Trieste: Editoriale Scienza, 1993, p. 15.

[23] D. Bedini, op. cit., p. 47.

[24] Stefano Catucci, Imparare dalla Luna, Macerata: Quodlibet, 2013, p. 22.

[25] L. Boschini, op. cit., p. 254.

[26] Ivi, p. 255.

[27] Alessandro Biafore, Ascoltando la luna: dall’antichità ai tempi moderni, dalla conquista alla futura colonizzazione, Bologna: Pendragon, 2004, p. 40.

[28] Kenneth W. Gatland, op. cit. , p. 131.

[29] L. Boschini, op. cit., p. 194.

[30] S. Cavina, op. cit., p. 444.

[31] L. Boschini, op. cit., p. 197.

[32] Ibid.

[33] D. Bedini, op. cit., p. 74.

[34] Attivissimo Paolo, Luna? Sì, ci siamo andati. Le risposte ai dubbi più frequenti sugli sbarchi lunari, 2011, p. 11.

[35] Scott L. Montgomery, op. cit., p. 251.

[36] A. Biafore, op. cit., p. 41.

[37] L. Boschini, op. cit., p. 197.

[38] Ibid.

[39] P. Attivissimo, op. cit., p. 11.

[40] Pierre De Latil, Operazione Luna, Brescia: editrice La Scuola, 1972, p. 25.

[41] S. Cavina, op. cit., p. 443.

[42] L. Boschini, op. cit., p. 197.

[43] Ibid.

[44] S. Cavina, op. cit., p. 443.

[45]L. Boschini, op. cit., p. 200.

[46] Ibid.

[47] S. Cavina, op. cit., p. 443.

[48] Ibid.

[49] Montgomery Scott L., op. cit., p. 251.

[50] A. Biafore, op. cit., p. 42.

[51] S. Cavina, op. cit., p. 444.

[52] L. Boschini, op. cit., p. 200.

[53] Ibid.

[54] S. Cavina, op. cit., p. 444.

[55] Piero Bianucci, La luna: tradizioni, scienza, futuro, Firenze: Giunti, 1988, p. 59.

[56] S. Cavina, op. cit., p. 444.

[57] S. Cavina, op. cit., p. 444.

[58] L. Boschini, op. cit., p. 212.

[59] Ibid.

[60] Ivi, p. 194.

[61] Ivi, p. 197.

[62] Ivi, p. 203.

[63] Ibid.

[64] Ibid.

[65] Ibid.

fonte immagini:

http://www.astronautix.com/project/lunarl1.htm

http://www.br73.net/zond_5.htm

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